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Consulenza psicologico-psichiatrica


All’interno delle Strutture, per gli ospiti è presente un servizio psichiatrico-psicologico che consenta loro di sentirsi sorretti in ogni ambito, nonché di elaborare un progetto individuale nel caso di un profilo clinico particolare o di “delicati” vissuti che accompagnano, o che abbiano accompagnato, la condizione dell’anziano parzialmente o totalmente non autosufficiente.
La relazione con l’anziano: la continuità nell’accoglienza
il momento in cui l’anziano, spesso non più autosufficiente, entra in struttura è particolarmente delicato, e richiede la massima attenzione.
La condizione specifica è, infatti, determinata dalla presa di coscienza di un cambiamento importante nella vita dell’individuo.
Non solo; il cambiamento si evidenzia a tre livelli: l’anziano che entra in struttura, la sua famiglia che, fino a quel momento è stato il solo agente di cura, e l’incrocio tra di loro e la struttura stessa con le persone che la compongono.
In considerazione di ciò, si è soliti ritenere l’accoglienza come un processo di conoscenza reciproca, attraverso la quale ci si “sceglie”.
E questa scelta ha un ruolo chiave, perché attraverso di essa si giunge alla relazione, ovvero alla formazione di un legame che abbia come fine, quello della cura.
“Cura” nella considerazione della complessità semantica del termine: la cura è tale perché si svolge su più livelli. Ci si prende cura dell’anziano, è vero, ma nella considerazione profonda che, lo stesso, ha una storia, un ruolo, dei legami che lo uniscono al suo nucleo familiare, agente effettivo “di” e “nella” cura.
Perché se in relazione alla struttura ospitante l’anziano affronta un cambiamento all’ingresso in questa sua nuova realtà, in relazione allo storico della persona, i cambiamenti sono precedenti, hanno impattato su un sistema familiare, lo hanno cambiato e lo hanno portato alla scelta di includere, nella funzione di cura dei suoi membri, un terzo elemento: la struttura scelta.
La senescenza, spesso la malattia e la disabilità, ancor più la fragilità, hanno un ruolo nella famiglia, modificando i rapporti di cura, i ritmi, le abitudini.
Qui l’intervento della struttura, come fattore terzo “alleato” ai fini dell’aiuto verso chi occupa una posizione di fragilità, nella considerazione che la fragilità è caratteristica dell’intero nucleo familiare.
Su tutta questa considerazione di complessità multilivello della cura, si basa il nostro intervento.
Innanzi tutto c’é l’attenzione all’individuo o, per meglio dire, all’individualità: perché se é vero che ogni ospite ha delle peculiarità proprie, è ancora più importante la considerazione che ogni individuo ha una sua storia.
Un’attenzione particolare va rivolta al nucleo familiare di cui è membro; l’anziano ha poi delle relazioni esterne e ha preso parte al processo di “scelta” che partecipa alla sua cura, che ne accoglie le sue specificità psicologiche.
Ciò è ancora più vero quando alla senescenza si affianca la malattia e quando si altera l’unità mente – corpo.
L’attenzione va dunque al un processo continuo per cui l’accoglienza non termina con la presa in carico di un ospite, perché accogliere per noi significa “saper ricevere” ed essere sostenitore in modo costante della persona, nell’incedere della senescenza, nel progredire della malattia e nella ripercussione che si verificano nel nucleo familiare di appartenenza, rinnovando di giorno in giorno il legame di fiducia tra chi riceve la cura e l’operatore.
Perché accogliere, per le Strutture del Gruppo, non è una fase di un processo, ma “un continuum” per cui si presta attenzione all’individualità ma nel suo divenire, per cui la cura si modifica, e la relazione ricontestualizzata.
Ponendo attenzione al processo, “accogliendo” in modo costante, si costruiscono insieme i presupposti attraverso i quali la permanenza in Residenza dell’anziano sia sempre coerente con il processo biografico del nucleo familiare.
E’ solo con queste attenzioni che si può venire alle specificità emotive di chi a noi si affida.
Ricordiamo che è sempre difficile affrontare il concetto di “perdita” che spesso accompagna l’anzianità soprattutto quando la malattia fa la sua comparsa, privando la persona di tutta una serie di risorse personali. In bibliografia si sente spesso parlare di “lutto parziale” proprio in considerazione di ciò.
La finalità del nostro intervento è, quindi, quella di mantenere attive le risorse, poche o tante che siano nell’anziano, attenti a quanto permane e quanto si modifica nell’individuo, attraverso attività specifiche, ma soprattutto attraverso la cura della socializzazione e nel rispetto dei bisogni propri di ogni persona.
Si potrebbe dire che è l’attenzione alla globalità psicofisica e all’individualità della persona che contraddistingue l’intervento e che fa si che l’incontro con l’istituzione sia un’ulteriore risorsa.